L’allarme lanciato dai medici e dal personale sanitario sulla grave situazione in cui versa il sistema sanitario nazionale non può essere ignorato: è necessario che nel paese ci sia una grande mobilitazione delle forze politiche, sociali, delle cittadine e dei cittadini in difesa della sanità pubblica, del diritto universale alla salute.
Le stesse dichiarazioni fatte dai medici ravennati nei giorni scorsi ci danno il segno di quanto sia urgente assumere consapevolezza di come la pandemia abbia accelerato il graduale indebolimento della sanità pubblica, con il conseguente avviarsi di un processo di lenta e progressiva sostituzione del servizio pubblico con il mercato privato.
I segnali che c’erano da tempo - degrado delle strutture sanitarie, inusuali forme di precariato, difficoltà di accesso alle cure, inadeguatezza della sanità territoriale, mancanza di personale (con vincolo alla spesa del personale fermo in valore assoluto da oltre 10 anni) - sono stati drammaticamente resi evidenti dalla pandemia.
Un sistema sanitario pubblico efficace deve avere risorse finanziarie, umane, strutturali tali da consentire di affrontare emergenza e normalità: un’emergenza può cambiare l’ordine delle priorità ma non può portare ad annullare nessuna delle priorità di salute della popolazione. E seppure la drammatica e lunga emergenza della pandemia sia stata affrontata con determinazione ed efficacia, il non essere stati in grado di affrontare dovutamente le attività ordinarie ha reso evidente una debolezza strutturale che va affrontata attraverso un processo di riforma e di rilancio, accompagnato da risorse adeguate.
Occorre garantire l’aumento delle risorse finanziarie in dotazione al Servizio Sanitario Nazionale con un progressivo allineamento della spesa sanitaria pubblica alla media dei paesi europei; procedere all’assunzione di personale rimuovendo vincoli anacronistici; e valorizzare le professioni sanitarie.
L’attuale manovra finanziaria non tiene conto di come la pandemia e la crisi energetica abbiano cambiato il quadro di riferimento sul fabbisogno delle risorse finanziarie e come queste oggi siano assolutamente insufficienti per assumere personale e riqualificare il servizio sanitario (in particolare per dare attuazione al D.M.71 sanità territoriale).
Inoltre per la sanità pubblica nei prossimi anni è previsto un calo di risorse. Tutto ciò produrrà un indebolimento del sistema di welfare, favorirà la crescita del mercato privato delle prestazioni sociosanitarie e delle coperture assicurative in alternativa al servizio pubblico, alimenterà la fuga di professionisti dal pubblico verso il privato.
Siamo contrari a forme anomale di precariato come i gettonisti, o al ricorso a cooperative private per coprire carenze di medici (in particolare nei pronto soccorsi) che stanno di fatto sostituendo il sistema pubblico con il privato, senza garanzie su criteri di selezione, formazione e condizioni lavorative.
Se le questioni da affrontare sono queste – e lo sono – la risposta non può essere l’autonomia differenziata, che acuirebbe le disparità fra i territori aumentando le diseguaglianze. Bisogna cambiare rotta: la salute è un diritto inalienabile e fondamentale che deve essere esigibile, la difesa del servizio sanitario pubblico universale è necessaria per contrastare le disuguaglianze sociali.